Il tumore prostatico è il tumore più frequente nella popolazione maschile (19%), molto più del tumore polmonare (15%) o di quello intestinale colo-rettale (13%). È però “solamente” terzo come causa di morte (8%) e questo può essere spiegato col fatto che molti tumori prostatici sono poco aggressivi, hanno un andamento lento, e che alcuni sono diagnosticati in tarda età, ma anche perché, la diagnosi precoce ha permesso la guarigione a milioni di uomini. Si calcola che la mortalità per tale tumore sia calata del 21% grazie alla diagnosi precoce. Il tumore prostatico è raro prima dei 45 anni e con l’aumentare dell’età ha un progressivo incremento, con un picco di diagnosi a 70 anni. Secondo alcuni studi si stima che a 80 anni l’80% dei maschi avrebbe tale neoplasia.
Cause e sintomi del tumore prostatico
Alcuni fattori genetici possono favorirne l’insorgenza come avere un parente stretto al quale è stato diagnosticato un tumore prostatico prima dei 65 anni; anche l’obesità aumenterebbe il rischio, mentre non è ancora completamente certo se alcuni fattori alimentari possano favorirne lo sviluppo come ad esempio una dieta ricca di carne, ricca di fritti, povera in vegetali, scarsa assunzione di pesce (salmone e pesce azzurro). Il tumore prostatico può essere completamente asintomatico, oppure presentarsi con disturbi della minzione che sono comuni alla ipertrofia prostatica ( urinare più spesso, sensazione di svuotamento incompleto, difficoltà a iniziare la minzione).
La prevenzione del tumore prostatico
Diventa difficile convincere uomini di 50 anni, senza alcun disturbo, a eseguire una visita di controllo preventiva e si comprende come non sia semplice effettuare una diagnosi precoce. All’inizio degli anni ’90 la scoperta di una proteina prodotta dalla prostata fu salutata, con tono trionfale, come il marker specifico dei tumore prostatico: presto ci si rese conto che il PSA era alterato anche in condizioni benigne come una prostatite, una voluminosa ipertrofia prostatica, una recente attività sessuale o semplicemente dopo essere andati in bicicletta. Si cercò di aggiustare il tiro con la PSA density, la PSA velocity, il PSA libero e il suo rapporto con il totale, il PSA urinario (Pca3 Test). Contemporaneamente venivano pubblicati lavori scientifici che mettevano in discussione il concetto stesso di diagnosi precoce di tumore prostatico e dell’effettiva utilità di uno screening di massa. La tesi era che non tutti i tumori prostatici diagnosticati si sarebbero manifestati nel corso della vita di un individuo, questo perché circa il 50% dei tumori prostatici hanno una bassa malignità e un decorso lentissimo, ma anche perché questo tumore, oltre i 70-75 anni, è raramente causa di decesso. In attesa di nuovi test più specifici teniamoci stretto il bistrattato PSA e con molto buonsenso medico affermiamo che:
- non è utile eseguire il dosaggio del PSA prima dei 50 anni, a meno che non sia presente uno stretto familiare con tumore prostatico.
- è consigliabile eseguire sempre il primo dosaggio di PSA (totale e libero) a 50 anni specie se sono presenti disturbi urinari. Ripetere l’esame annualmente.
- non eseguire il prelievo ematico se c’è in corso un’infiammazione prostatica o vescicale, se c’è stata attività sessuale, un esame ecografico trans rettale, uso di bicicletta o moto; in tali casi aspettare una settimana.
- se il valore del PSA è tra 4 e 10 (zona grigia) la possibilità di avere un tumore è del 25% e quindi è necessario eseguire una visita specialistica, eventualmente una terapia antinfiammatoria, e poi ripetere il PSA.
- se il valore del PSA è maggiore di 10, in assenza dei suddetti fattori, quasi certamente l’urologo consiglierà l’esecuzione di una biopsia prostatica.
- poco utile eseguire l’esame oltre gli 80 anni.
Nel rispetto di queste considerazioni il dosaggio del PSA deve essere sempre interpretato, deve essere considerato come un aiuto alla diagnosi di tumore prostatico nella convinzione che non tutti i PSA alterati hanno il significato di tumore e che non tutti i tumori dovranno essere operati o trattati.